Quale vita salveresti, quella di un bambino o quella di un anziano?

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Ti è mai capitato di dover rispondere a questa domanda?

Immagina di essere di fronte a due persone in pericolo di vita, un bambino e un anziano, e di avere risorse utili a salvarne una sola.
Cosa faresti?
Fa’ attenzione a non cadere nella “trappola” di una questione privata; qui non ci si chiede se scegliere tra i padri e i figli. Occorre tu provi a metterti nei panni di un direttore sanitario, di un infermiere; di un politico.
 
Era il 2006, lavoravo al Max Planck di Rostock (in Germania) ed ero con diversi colleghi in un corso di Public Policy e Aging. Era un momento di discussione, quando venne fuori una domanda che faceva più o meno così.
Insomma la domanda poneva la questione etica di un intervento sanitario, sulla base di risorse limitate, per diverse fasce di età.
Ricordo molto bene che non seppi rispondere, sicché non dissi nulla. Ma mi sentivo a disagio. Ci pensai e ripensai e sentii che c’era qualcosa di sbagliato in quella domanda. Ma non come quando l’esercizio di matematica non ti esce e dici è sbagliato il risultato sul libro! [Sappiate comunque che anche questo capita più spesso di quanto si possa immaginare]. No, non solo. Dissi a me stessa che una tale domanda aveva un qualche problema alla base, che la domanda sarebbe dovuta essere un’altra. Sentivo che qualunque risposta sarebbe stata sbagliata; temevo difatti che qualcuno potesse dare una risposta, perché in ogni caso non mi sarebbe piaciuta.

Max-Planck-Institut für demografische Forschung MPIDF

Una risposta molto determinata arrivò, poco dopo, da una collega. (Cara la mia mente, che ha deciso di dimenticarne l’identità, perché ricordo che la stessa collega era a me cara, e non è semplice quando si diverge su temi tanto importanti, quando si diverge sui valori, è difficile accogliere, accettare). Ecco la mia collega rispose senza esitazione che certamente le risorse si sarebbero dovute destinare al bambino. Non credo io debba riportare qui le motivazioni che espresse, chiunque sarebbe in grado di pensarlo attivando la propria capacità di pensiero economico.
Ricordo che la mia collega era olandese. Lo scrivo perché ricordo che ci disse che le politiche pubbliche olandesi si basavano su tali criteri, oltre al fatto che ciò avesse senso per lei. (L’Olanda, un paese il cui welfare ho rivoltato per lungo e largo per scrivere la mia tesi di laurea; ma questa roba qui non l’avrei mai saputa).
Non mi meraviglierei se sapessi che molti stati europei faccessero lo stesso, compreso il nostro.
 
Ecco io ancora oggi credo che il problema di quella risposta fosse nella domanda. Dopo aver ascoltato Ashton Applewhite in questo ironico e solido speech che mette insieme tanti aspetti del vivere, mi torna tutto in mente. Lo scrivo perché il problema è così tanto attuale che vale la pena pensarci.
Insieme mi torna in mente Gino Strada in quest’altro video. Sempre di risorse limitate parliamo; nel video di Strada è evidente che a limitarle siamo noi, con le scelte sbagliate.
Entrambi i video sono molto lunghi (consdierata la durata media di sostare su una pagina web). Mezz’ora circa, un’eternità! Tempo ben speso a mio avviso per comprendere ciò che mette insieme tutte le cose, cose apparentemente distanti e diverse, per sentire la continuità del tutto. Andando a fondo, cercando i nessi, prendendosi il tempo. Chi mi conosce sa che è la mia attività preferita.
Mettetevi comodi.
E poi ditemi se volete come vi siete senti.
Why on Earth do we stop celebrating the ability to adapt and grow as we move through life? – Perché mai smettiamo di festeggiare la nostra capacità di addattamento e la nostra crescita man mano che attraversiamo la vita? – Chiede Ashton Applewhite.
Dedicato a tutti quei clienti che sentono l’ansia del tempo, la pressione e l’impossibilità di cambiare.
Dedicato a tutti quei decision makers, coloro che devono prendere decisioni importanti, illusi dal problema dell’efficienza dimenticando troppo spesso l’efficacia.
Dedicato a tutti.

2019-05-13T16:53:43+02:00