Parole di benessere2019-06-06T12:27:56+02:00

La parola autonomia è composta da due parole di origine greca: autòs che vuol dire “egli stesso” e nomòs, “legge”: autonomia indica quindi la capacità di vivere secondo le proprie regole, di scegliere ciò che è giusto per sé.

Secondo la SDT, l’autonomia è una delle tre aree, non interscambiabili, per raggiungere l’auto-realizzazione, assieme alle sfere della competenza e delle relazioni umane.

Autonomia è diverso da indipendenza. Ciascuno di noi è dipendente, dall’aria, dall’acqua, dagli altri esseri umani, dall’amore.

L’autoefficacia è legata all’azione. Ci si sente auto-efficaci quando ci si può dire “io posso fare questa cosa”.

ATTENZIONE: dirsi “io posso fare questa cosa” non è un dire preventivo, ma è un dire ex-post che segue l’azione, è un dire concreto perché arriva dopo aver constatato di aver fatto. Il Life Coaching nutre l’autoefficacia grazie alle azioni messe in atto.

L’autoefficacia, a sua volta, nutre la stima di sé.

La tras-formazione è un cambiamento da una cosa in un’altra cosa.

E se invece tutto fosse in formazione? In divenire?

In un percorso di Coaching il cambiamento è inteso in questo senso: è evoluzione. Facilitare l’individuo nel cammino verso la formazione di sé, far sì che possa avvicinarsi a ciò che egli (già) è di più straordinario. Ciò che accade in un processo di cambiamento consapevole è che ciascun individuo si formi, diventi ciò che è, prenda una forma sempre più delineata, mai definitiva. Un’opera d’arte sempre in fieri che, come tale, si forma.

Il termine flow è di Mihaly Csikszentmihalyi: il flow è il segreto della felicità.

Quando si è in uno stato di flow?

Csikszentmihalyi lo riassume così: quando si è completamente coinvolti in ciò che si sta facendo, e si è perfettamente consapevoli di ciò che va fatto; quando ci si sente in grado di fare ciò che si sta facendo e si prova un senso di serenità e di crescita che va al di là del proprio ego (ci si sente parte di qualcosa di più grande di se stessi); quando ci si dimentica del tempo che passa e si agisce per il solo gusto di agire.

Lo stato di flow ci fa sentire di avere il pilota automatico; come scrive Gallwey, è un “doing without doing” (fare senza fare).

Il concetto di flourishing, tradotto in italiano con fiorire, è di Martin Seligman, iniziatore della psicologia positiva della quale il termine rappresenta l’essenza.

To Flourish, dall’inglese, è ciò che accade quando si creano tutte le condizioni affinché ciascuno dia vita al proprio sé, agisca per il proprio fiorire: coltivare i propri talenti, costruire relazioni profonde e durature, contribuire all’umanità dando un senso alle proprie azioni e creando benessere per sé e per gli altri.

Chiede Seligman: Cos’è che ti consente di fiorire?

Il Life Coach è un facilitatore: attraverso l’applicazione del metodo, egli facilita l’auto-consapevolezza, l’azione, il flourishing del coachee. Con la sua creatività contagia la creatività del coachee.

Tutto ciò che accade nel percorso di Life Coaching, è facilitato dal coach ma agito dall’atleta!

La competizione è fonte di benessere solo se vista come pretesto per l’incontro con sé.

Impariamo dagli sportivi: un vero sportivo vuole trovarsi di fronte l’avversario migliore, perché solo in quel modo potrà mettere in campo la sua parte migliore, superare i propri limiti, riconoscere le proprie potenzialità. Competere vuol dire andare insieme verso: se l’obiettivo da raggiungere è un obiettivo di felicità, competere vorrà dire raggiungerlo assieme alla felicità dell’altro. Non esiste felicità che non comprenda anche la felicità di chi ci sta accanto.

Anche il cambiamento è una delle domande fondamentali di un percorso Life Coaching.

Riuscire a cambiare consente di vivere nel momento in cui si è, di vivere al momento giusto (cit. Nietzsche), consente di eliminare quella sensazione per cui il tempo corre via mentre si è fermi in uno stesso punto.

L’azione è ciò che contraddistingue il Life Coaching rispetto agli altri metodi di crescita che nascono dalla psicologia. Non c’è percorso di Coaching senza l’dentificazione, la definizione, e la messa in atto di azioni concrete volte al raggiungimento di un obiettivo di benessere e all’allenamento delle potenzialità del coachee.

Nel Life Coaching, il film che scriviamo nella nostra mente, va in scena!

Azione!

Incontrare significa trovarsi di fronte a.

Quando incontriamo qualcuno, cosa vediamo veramente? L’incontro con un Coach Umanista consente di trovarsi di fronte a se stessi, di fronte alla parte migliore di sé, per conoscerla, ri-conoscerla e rinvigorirla. Solo quando ci conosciamo, incontriamo veramente l’altro, solo quando abbiamo chiaro come siamo, un incontro è un vero incontro con l’altro. Diventiamo un altro e ci arricchiamo, assieme all’altro, della reciproca bellezza.

La storia delle idee è in gran parte storia di incontri [cit.]: da un incontro parte un’idea che può rivoluzionare il nostro punto di vista, cambiare la nostra percezione delle cose, dare un senso alle nostre scelte.

è Roberta, è l’incontro con Roberta, è tutto ciò che lei e il suo Spazio rappresentano. Lo Spazio Jyotis a Torino è uno spazio dedicato allo studio e alla pratica dello Yoga. È lo spazio in cui ho preparato uno dei miei primi incontri conoscitivi sul Life Coaching.

Scrive Roberta: Si è apertura. Vuol dire non tirarsi indietro, vuol dire essere presenti in tutto ciò che si vive, con semplicità. […] Si volutamente senza accento, perché non si impone. Si è la consapevolezza di ciò che siamo, è la volontà di entrare in noi e di ricercare, osservare, chiarire, prendere coscienza della nostra essenza. Si è vita. […] Si è coraggio di vivere, di scegliere, di cambiare.

Si Roberta!

Le potenzialità sono i caratteri identificativi di ciascuno.

Quando espressi, restituiscono benessere, felicità, sia all’individuo che al mondo che lo circonda. La potenzialità, come un seme, può diventare un albero forte e rigoglioso. Cosa possiamo fare affinché il seme diventi un albero?

Le potenzialità non hanno nulla a che vedere con i risultati. Non sono ciò in cui siamo bravi, ma ciò che ci gratifica, che ci dà piacere fare o essere. Si può essere molto bravi in cose che non amiamo affatto ed essere molto meno bravi in cose che ci piacciono moltissimo.

È una delle domande fondamentali del Coaching e al contempo appartiene al quotidiano della vita di ciascun individuo: ognuno è naturalmente spinto verso il miglioramento di se stesso.

L’etimologia della parola maieutica è “arte ostetrica”: l’arte di far nascere.

L’arte di far venire alla luce è di Socrate, riconosciuto nel coaching umanistico come il padre fondatore del metodo. Il metodo socratico, o maieutico, è un metodo dialettico d’indagine filosofica basato sul dialogo; attraverso il dialogo si facilita la scoperta, di qualcosa che era propria, era già, dell’interlocutore.

Un giorno chiesi a P. di descrivermi ciò che più le piaceva. Così ha preso ad elencarmi una serie di cose, e tra queste c’era la luce: Amo la luce naturale, in diverse ore del giorno e in diversi luoghi. Mentre mi descriveva queste situazioni, il suo viso si illuminava e mi ha illuminata.
Grazie P.!

Ogni coachee, attraverso il suo percorso, è fonte di luce per il proprio coach.

“Sono un Kuulere o no?”.

Quando D. me lo ha chiesto io gli ho rimandato la stessa domanda; D. aveva già una risposta dentro di sé: si, sono e voglio essere quello che sono.

Intanto, andando alla ricerca di questa parola così originale ed esotica, mi faceva un dono.

“D., cosa vuol dire kuulere?”

Kuul proviene dall’inglese cool che vuol dire freddo, mentre ere in giapponese indica l’amore. Questa parola si riferisce a chi sembra una persona fredda, senza sentimenti, ma che invece nasconde un grande desiderio e capacità di amare”.

Grazie a D. per aver condiviso con me una parte del suo sé più autentico.

La parola kairos, dal greco, si traduce con tempo ma ne rappresenta il lato qualitativo.

Il kairos è un tempo propizio, è il tempo in cui qualcosa di speciale accade. In teologia, è il tempo di Dio. Il kairos esiste se un cambiamento interno ha luogo, secondo un kronos proprio di ciascun individuo.

Il termine appartiene a W. Timothy Gallwey, professore universitario di Harvard, giocatore e istruttore di tennis, autore di numerosi libri, tra cui appunto “The inner game of Tennis”. Cosa vuol dire? L’inner game si traduce con partita interna: scrive Gallwey L’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete.
Questo vale in ogni sport e in ogni ambito della vita.

Ciascuna partita, scrive Gallwey, è costituita da due componenti, una esterna e una interna.

La partita esterna si gioca su un campo, contro ostacoli esterni e per raggiungere obiettivi esterni. La partita interna ha luogo nella mente del giocatore e si gioca contro ostacoli come: paura, dubbio, perdita di concentrazione, un punto di vista e una conoscenza limitati. La partita interna si gioca per superare gli ostacoli che ciascun giocatore si è creato da sé, ostacoli che impediscono a un individuo o a una squadra l’accesso al suo pieno potenziale.