Festival della Mente di Sarzana* ~ appunti

//Festival della Mente di Sarzana* ~ appunti

Evento n.3. Marco Aime, La fatica di crescere.

“Eravamo in viaggio in Senegal”, racconta Marco Aime, docente di antropologia culturale all’Università di Genova, durante il suo intervento al Festival della Mente di Sarzana, “un viaggio organizzato. Il ragazzo che faceva da guida al nostro gruppo, passando dal suo villaggio, ci offrì di conoscere la sua famiglia, e noi accettammo di buon grado.

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Dopo averci introdotti suo padre e sua madre, una donna del nostro gruppo chiese al ragazzo l’età di suo padre. Il ragazzo ci disse che aveva 65 anni.

– È giovane! – espresse la donna. Ma la reazione della donna non piacque al padre, il quale subito sentenziò:

– No, sono vecchio.

Non appena il ragazzo ebbe tradotto la reazione del padre, la donna insistette:

– Ma no, suo padre è giovane! Altro che vecchio!

L’uomo rispose di nuovo duramente, stavolta palesemente offeso:

– No, io sono vecchio.”

Dare del “giovane” a un adulto di 65 anni in una società come quella senegalese è un’offesa. Essere vecchi vuol dire essere saggi, poter insegnare qualcosa. Nel suo intervento al FdM, Aime ha parlato del Tempo. Ha mostrato come siano scomparsi (o abbiano perso del tutto la loro forza) nel nostro paese i riti di passaggio da una fase a un’altra della vita in ogni ambito dell’esistenza (nell’età anagrafica, nell’età biologica, nell’età sociale).

I riti di passaggio sono un segno della scansione della crescita, delineano l’esistenza non solo di una collettività che partecipa al passaggio ma anche e soprattutto l’esistenza di qualcuno che gestisce il rito, il quale è, necessariamente, in una fase di crescita successiva. La perdita di questa “gerarchia” viene meno, l’importanza del’esperienza e della saggezza viene meno.

Si assiste a un appiattimento: passato e futuro si assottigliano, sono ridotti ai margini, e si vive un continuo presente, si vive una accelerazione capace di bruciare tutto perché tutto – ogni frase, ogni impegno, ogni evento – potrà essere smentito un attimo dopo; si indebolisce anche l’apprendimento, in mancanza di un ruolo gerarchico all’interno di esso.

La somiglianza tra ragazzi e adulti, tra genitori e figli, tra maestro e allievo, rende impossibile la crescita e il raggiugimento dell’autonomia.

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Evento n.11. Massimo Recalcati, Si può perdonare in amore?

Massimo Recalcati nel suo intervento al Festival della Mente ha parlato del perdono in amore.

“La parola PERDONO non appartiene al lessico della psicoanalisi”, dice Recalcati, (qualcuno aggiungerebbe che neppure la parola AMORE vi appartiene). Si può dunque perdonare in amore? Cosa resta dell’amore?

Recalcati comincia dicendo: “il nostro tempo sputa sull’amore che vuole durare. Eppure, ogni amore nasce con una vocazione per l’eterno; ‘per sempre’ è la parola dell’amore”. Questo non vuol dire che poi riesca ad esserlo. Chi si innamora si accolla il rischio che è legato alla sua stessa vocazione.

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La logica dell’amore è antitetica alla logica del mercato, dove il nuovo sostituisce il vecchio ed è meglio del vecchio. “In amore, il nuovo ha la faccia del vecchio” a sottolineare un concetto spesso affrontato, “mentre solo nel vecchio si può trovare il nuovo”.

Laddove l’amore è concepito come processo di ammirazione di fronte all’essere straniero dell’altro, se amiamo l’altro in questi termini, lo rendiamo ASSOLUTO e INSOSTITUIBILE. Così, facciamo esperienza della nascita di un mondo nuovo: quando si ama in questi termini il mondo non è più lo stesso di prima, irreversibilmente. L’amore diventa esperienza che salva dall’insensatezza della vita.

E dunque, cosa accade quando si fa esperienza di menzogna, di tradimento? (di abbandono?)

Ci sono due possibilità.

La prima è non perdonare. Quando la sofferenza del tradimento non è frutto di orgoglio ferito o narcisismo, l’impossibilità di perdonare è una strada nobile, afferma R., “io non ti perdono perchè non posso, perché non esiste più quel mondo che si era costituito grazie al nostro insieme”.

La seconda possibilità è “perdonare”, che in termini psicoanalitici (e non cristiani) corrisponde ad un lungo e faticoso processo di rinascita (di resurrezione, volendola vedere con occhi cristiani) proprio come accade in un percorso psicoanalitico. Quando facciamo esperienza di perdono, attraversiamo la morte della relazione come era prima; dimentichiamo non perché sotterriamo, ma perché abbiamo incorporato la relazione defunta, e ne abbiamo messa in piedi una nuova. Risorgiamo. Dice Recalcati: “se questo lavoro, così lungo e faticoso, riesce a compiersi, allora abbiamo trasformato il tradimento in una poesia.”

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Evento n.14. David McCollough jr., Ragazzi, non siete speciali!

David mcCullough jr. (Boston 1958) insegna agli adolescenti da quasi trent’anni. Al Festival della Mente di Sarzana ha parlato del suo amore per i libri e per lo studio, e della difficoltà delle istituzioni scolastiche a essere luoghi di entusiasmo e di passione per l’apprendimento.

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Come fa a far capire ai suoi allievi che ciò che conta non sono i voti né tantomeno le gratificazioni materiali, ma l’euforia di imparare?

Come fa a far capire loro che la soddisfazione e la gioia di svolgere una professione, che sia il fornaio che sforna il pane, o il meccanico che aggiusta un’auto, o un dentista che sistema il dente…che nessuna realizzazione e gratificazione può arrivare dalla rincorsa ai numeri?

È bastato guardare con che passione ne ha parlato, è stato sufficiente sentire e vedere la felicità nei suoi occhi mentre citava questo o quel romanzo; l’umiltà (la timidezza del suoi sorrisi) con cui ha reagito ai nostri fragorosi applausi è stata la risposta.

 

 

* Undicesima Edizione del Festival della Mente di Sarzana.

2014-09-18T23:24:05+02:00